La documentazione clinica assistenziale

Dal 1973, ad opera della legge n. 795, si viene ad affermare che “è funzione essenziale dell’infermiere professionale osservare le condizioni o gli stati fisici o emotivi che provocano importanti ripercussioni sulla salute e comunicare tali osservazioni agli altri membri del gruppo sanitario”.

L’abrogato mansionario (D.P.R 14 marzo 1974, n. 225) si limitava, invece, a stabilire che l’infermiere doveva “provvedere alla registrazione su apposito diario delle prescrizioni mediche, delle consegne e delle osservazioni eseguite durante il servizio”.

Con il D.P.R. n. 384 del 28 novembre 1990, veniva stabilito che “deve attivarsi un modello di assistenza infermieristica che, nel quadro di valorizzazione della specifica professionalità consenta, anche attraverso l’adozione di una cartella infermieristica, un progressivo miglioramento delle prestazioni al cittadino”.

Il D.M. n. 794 del 1994 stabiliva poi che l’infermiere “pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico”, pertanto la cartella infermieristica diveniva un fondamentale strumento di lavoro.

La legge n. 42 del 1999, abrogando il mansionario dell’infermiere e la dizione “professione sanitaria ausiliaria” in ogni precedente disposizione di legge relativamente alle professioni infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecniche sanitarie e della prevenzione, ne permetteva finalmente una vera autonomia professionale.

Autonomia rafforzata dalla L. 251 del 2000 che, è utile ricordare, richiama l’impiego per la professione infermieristica e ostetrica di metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza, pianificazione che non può certamente avvenire senza una adeguata documentazione assistenziale. Anche la deontologia dei professionisti sanitari si occupa dell’informazione tra professionisti e della documentazione assistenziale (ad esempio articoli 23, 26 e 27 del Codice deontologico dell’infermiere).

Requisiti di una documentazione corretta:

La veridicità. È il più significativo dei requisiti e indica l’effettiva corrispondenza fra il dato registrato e il fatto, ovvero tra quanto osservato, percepito, pianificato, eseguito e quanto scritto.

La completezza e la precisione. I dati riportati devono essere il più possibile capaci di descrivere quello che è accaduto, dandone una visione completa, per cui non si deve trascurare o omettere elementi che possano essere essenziali.

La chiarezza e la comprensibilità. La registrazione (grafia e comprensione del testo) deve essere chiaramente leggibile da parte di chiunque senza possibili interpretazioni. L’articolo 92 del D.Lgs 196/2003 prevede che i dati personali devono essere comunicati all’interessato in forma intellegibile, ad esempio nel caso di copie di cartelle cliniche, pertanto la comprensione dei dati deve essere agevole.

La tempestività. La registrazione di ogni annotazione deve essere effettuata contestualmente al verificarsi dell’evento. Anche in casi eccezionali (urgenze e/o emergenze) i fatti devono essere registrati il prima possibile: “i fatti devono essere annotati conformemente al loro verificarsi” (Cassazione, 22694/2005).
La pertinenza e la non eccedenza. La documentazione non deve contenere informazioni non in relazione con il paziente e la sua situazione clinica, oppure dati eccessivi e non utili alla gestione dell’assistenza (ad esempio commenti personali o critiche sull’operato di altri professionisti). In caso di necessità si possono però segnalare reclami o conflitti col paziente e/o coi parenti virgolettando le frasi sentite senza l’aggiunta di alcun commento.
La rintracciabilità. Ci deve essere la possibilità di poter risalire a tutte le attività, agli esecutori, ai materiali e ai documenti che costituiscono le componenti dell’episodio di ricovero, secondo una precisa linea cronologica.

Estratto da “Professione infermiere Umbria” Bollettino Ipasvi Anno XV-N°2-2015 di Marco Zucconi e Rosita Morcellini 

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